Il primo insediamento umano nel territorio di Piedimonte S. G. risale all'età preistorica, come testimoniano i resti di amigdaloidi rinvenuti, anni fa, nei campi confinanti di Pignataro Interamna e Piedimonte.
L'amigdaloide era una specie di ascia, in pietra, a mano o con manico di legno, usata come attrezzo o arma.
L'esistenza di grotte,inoltre, rivelano la presenza di agglomerati umani già durante l'età neolitica o età della pietra. Utensili domestici e altri reperti del tardo litico e dell'età del bronzo e del ferro furono ritrovati anche lungo il fossato di S. Amasio e nei pressi delle grotte Ciarite o Chiarite e Sbote. E ancora, la scoperta di alcuni antichi fossili, resti di elefanti preistorici e di una grossa mandibola, ha permesso agli storici di stabilire con rigorosità scientifica che sul territorio vi erano tracce di vita fin dall'età quaternaria o neozoica.
Nel IV secolo a.C., giunsero i Volsci, popolazione del ceppo umbro-sabinico. Essi si stanziarono lungo le sponde del fiume Verde, antico nome dell'attuale fiume Liri, dando vita a numerosi agglomerati urbani. I più importanti erano: Sora, Arpinum, Aquinum, Casinum, Fregellae; mentre i nuclei più piccoli erano sparsi su tutto il territorio della Valle del Liri e soprattutto sulle colline e monti esposti a mezzogiorno come Monte Cairo, sulla cui balza meridionale nacque un "oppidum".
Dopo i Volsci fu la volta dei Sanniti,provenienti dalla Valle del Sangro. Il popolo Sannita, dedito soprattutto alla pastorizia, diede vita ad un vero e proprio pago (villaggio). Verso il III sec. a.C. i cambiamenti politici a favore di Roma, comportarono la nascita di nuove fisionomie sociali. Il predominio romano sul territorio ebbe inizio con la fondazione della colonia di Interamna nel 313 a.C. e con il controllo della via Latina, unica arteria stradale di collegamento con il meridione. Durante l'epoca romana l'oppidum Pesmons insieme alle città di Aquinum e Casinum furono contrassegnate da una notevole urbanizzazione. Infatti, sorsero numerose ville patrizie, le quali con la caduta dell'impero romano d'occidente (476 d.C.), si trasformarono in vere e proprie fortezze per necessità di difesa.
Con il declino del sistema politico-sociale romano, l'Occidente europeo fu investito da una serie di invasioni e dominazioni di popolazioni barbariche. Anche Pesmons conobbe i violenti conflitti e gli incomparabili misfatti dei Vandali, Turcilingi, degli Ostrogoti, Unni, Eruli e Sciti, che culminarono nel 577, anno in cui si stabilì il predominio longobardo su buona parte della penisola. Contemporaneamente si andava diffondendo il movimento benedettino creato dal genio organizzativo e religioso di Benedetto da Norcia, che nel 528 fondò il celebre monastero di Montecassino e la Regola "Ora et Labora".
Durante la dominazione longobarda l'oppidum Pesmons passò ripetutamente sotto il controllo dei conti d'Aquino e dell'Abate di Montecassino.
Nel 744, il duca Gisulfo, a seguito della conversione dei Longobardi al Cristianesimo, decise di donare Pesmons a Montecassino.
L'importanza di tale donazione risiede anche nel fatto che per la prima volta fu segnato il confine fra le terre di dominio pontificio e gli stati dell'Italia meridionale. Con l'affermarsi del potere carolingio (742-1005), tale donazione fu confermata dall'imperatore Carlo Magno,il quale nel 787, stabilì che Pesmons fosse considerato proprietà della corona, lasciando ai benedettini la facoltà di esercitare il proprio dominio. Montecassino poteva godere delle terre donate, amministrarle e disporle, con il divieto ai pubblici ufficiali, ai conti e gastaldi di interessarsi degli affari del monastero.
Nell'anno 846 i Saraceni devastarono e saccheggiarono il castello o oppidum. Intanto il conte di Aquino, Adenolfo, approfittando della situazione alquanto caotica, causata dalle scorribande saraceniche, si impadronì, nell'884, del territorio di Piedimonte. Provvide subito alla ricostruzione del castello, all'ampliamento della cinta muraria e l'accesso all'oppidum avveniva attraverso la porta grande. Nel 915 i Saraceni furono annientati, ma il castello restò sotto il dominio dei conti d'Aquino fino al 1067, anno in cui fu ceduto all'Abate di Montecassino Desiderio (1058-1087), entrando di fatto nella giurisdizione della Terra di S. Benedetto.
Il 3 luglio 1140 il normanno Ruggero II, re di Sicilia, si impossessò del castello. Soltanto quando furono ultimate le operazioni di conquista dell'Italia meridionale da parte dei Normanni, il re restituì l'oppidum Pesmons o Pedismontis a Montecassino.
Durante la dominazione sveva (XIII sec.) l'Abbazia perse il suo potere e Piedimonte fu governata da un funzionario regio. Nel 1230 l'imperatore Federico II, con il trattato di San Germano, decretò il ritorno del castello sotto la giurisdizione di Montecassino. Inoltre, nel 1231, con le costituzioni melfitane, Federico II suddivise il regno italico in giustizierie, rette ovviamente da un funzionario, quale rappresentante del potere regio. Anche Piedimonte entrò a far parte della giustizieria denominata Terra di Lavoro (Campi Leburini), restandovi fino al 1926. Infatti, il primo gennaio 1927 il regime fascista istituì la nuova provincia di Frosinone.
Con il trascorrere degli anni, nella signoria di Montecassino prese consistenza l'Università dei cittadini (Civium Universitatis), la cui fisionomia politica scaturiva dall'acquisizione dei diritti e dei doveri nelle mani del potere politico dei cittadini. Piedimonte sperimentò per primo questo tipo di comunità locale, i cui componenti, i cittadini, cooperavano per soddisfare i bisogni della vita economica, sociale e culturale dell'oppidum. Inoltre, essa fu la prima comunità locale ad avere la Charta libertatis (1 aprile 1183), documento contenente tutti i privilegi concessi dall'Abate Pietro agli abitanti di Piedimonte.
Con le dominazioni angioina e aragonese, il castello perse la sua autonomia, anche se limitata, in quanto il territorio rimase sempre sotto la giurisdizione di Montecassino fino al 1807. Nella primavera del 1796 a seguito della Rivoluzione francese (1789), le idee rivoluzionarie infiammarono gli animi dei cittadini, che credettero nelle libertà promesse dai Francesi. Il re di Napoli, Ferdinando IV di Borbone, per ristabilire lo status quo fu costretto a inviare eserciti lungo i confini del suo regno.
Anche Piedimonte ebbe una guarnigione di soldati borbonici fino al 1798, quando l'esercito di Ferdinando IV fu costretto a indietreggiare per l'arrivo delle truppe napoleoniche. Con la promulgazione delle leggi napoleoniche il territorio entrò a far parte del demanio reale.
Il paese incominciò a risollevarsi parzialmente, soltanto dopo l'Unita' d'Italia e nel 1863, anno in cui fu costruita la ferrovia Roma-Napoli, fu denominato Piedimonte San Germano. Il territorio nel 1893, in Provincia di Terra di Lavoro e circondario di Sora, registrava 2.533 abitanti. L'amministrazione comunale lavorava assiduamente per il progresso del paese.
Allo scoppio della prima guerra mondiale 1915-18 anche Piedimonte si mobilitò per completare il processo di unificazione d'Italia con la liberazione di Trento e Trieste dallo scacchiere politico austriaco. Con l'avvento della dittatura fascista (3 gennaio 1925) Benito Mussolini a capo del comune fu posto il Podestà di nomina governativa. Piedimonte visse questo momento transitorio con un po' di amarezza per le libertà tramontate.
Non mancarono, infatti episodi di violenza e prepotenza.
Durante la seconda guerra mondiale Piedimonte si è trovata ancora più direttamente coinvolta perché costituiva uno dei capisaldi della linea di sbarramento Hitler, a ridosso della prima linea di sbarramento costituita dalla Linea GUSTAV. La sua popolazione ha vissuto dunque per intero la lunga e tremenda battaglia di Montecassino tra i tedeschi e le truppe alleate che si è combattuta così aspramente da lasciare migliaia e migliaia di morti sul terreno, raccolti poi nei diversi cimiteri sparsi sul territorio.
Dopo i tragici eventi bellici, seguirono anni di intensi sacrifici ma gli abitanti seppero ricostruire il paese e risanare il loro castello.
L’insediamento della FIAT nel 1972 ha poi favorito l’occupazione e l’Università a Cassino ha alimentato l’attrattività del paese e del suo territorio.